Come ti ipnotizzo lo studente

Nel magico mondo della didattica a distanza alcuni insegnanti interrogano i loro allievi, ma temono di essere imbrogliati. Non tutti, eh.

Per questo non vogliono che l’alunno, quando riceve una domanda, guardi appunti, libri, telefoni o altri dispositivi; così mettono in pratica alcuni stratagemmi. Qualche docente apostrofa lo studente: “A me gli occhi!”, cercando di scorgere in qualche rapido movimento oculare non già la fase REM del sonno, ma proprio una perfida intenzione truffaldina.

Qualche altro docente ha avuto l’originale idea di far bendare lo studente interrogato. Proprio così: bendare. Una mosca cieca didattica. Nonostante un certo disappunto nell’opinione pubblica, questa pratica non sembra essere stata abbandonata del tutto da alcuni docenti che continuano a far bendare gli allievi. Ottima idea.

Se non fa bendare l’allievo interrogato, il docente può imporre all’interrogazione degli standard registici: deve essere inquadrato solo lo studente, ed in primo piano. Questi non può mangiare né bere, deve vestirsi bene e nessuno deve interferire durante l’interrogazione. Anche se l’allievo e la sua famiglia vivono in un monolocale.

Ma gli studenti sono furbi, accidenti a loro.

Questi diavoli possono fingere che non funzioni la cam. Non solo. Se un allievo ne sporca l’obiettivo strisciandovi del nastro adesivo, la faccia del piccolo lestofante resterà un po’ flou, come in certe fotografie del secolo scorso. Non servirà a niente provare a pulire la lente. I dettagli degli occhi verranno persi e lo studente potrà guardare dove vuole.

O ancora: gli auricolari che molti studenti usano durante l’interrogazione potrebbero non essere collegati al dispositivo impiegato per interagire con il docente, ma ad un telefono collegato ad un complice.

Ora, qual è la situazione? La scuola deve e vuole valutare, se no non è scuola.

Ma le prove scritte ed i quiz, in remoto, sono inattendibili.

Allora, tramontata tristemente la pratica quizzatoria che è stata tanto di moda dall’epoca Invalsi in poi, occorre affidarsi proprio alla già vituperata pratica del colloquio.

I ragazzi, spesso più abili dei loro insegnanti, troveranno tante possibilità di truccare le risposte; allora i docenti saranno costretti a ricorrere a nuove contromisure, gli studenti troveranno altri trucchi, e così via.

Ma non è questa la scuola che può formare i cittadini del futuro.

Certamente esistono insegnanti che contano sull’alleanza e sulla fiducia e sanno che un percorso di crescita deve vedere in primo piano non il volto, ma la motivazione dello studente.

Pensare di stabilire una relazione di fiducia intimando “A me gli occhi” non sembra il modo migliore per farlo, a meno che non sia un modo per indurla tramite ipnotismo.

E tutto sembra indicare che una fondata valutazione nella didattica a distanza sia in realtà impossibile.

Sapete perché?

Perché, semplicemente, la didattica a distanza non è scuola.

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